giovedì 16 agosto 2018

Riscoprire la "messa di voce" (<>) nelle opere di Giuseppe Verdi - Parte I

In questo primo articolo (diviso in più parti) tratteremo la questione dell'uso della "messa di voce" nelle opere di Verdi. 


C'è del belcanto in Verdi, strutturalmente (seppure non caratterialmente) soprattutto nel primo Verdi, vocalmente e anche stilisticamente, in un nuovo teatro più eroico e declamato che egli creò, portando avanti un cambiamento già avvenuto con altri compositori (ad es. Mercadante e Donizetti), per mezzo di una serie di caratteristiche belcantistiche tra le quali la barocca MESSA DI VOCE (<>) che seppur non segnata dai compositori del '600-'700 veniva eseguita nelle note lunghe per anni, decenni, secoli in Italia, e la cui pratica è persino codificata in tutti i trattati di belcanto della storia didattica del canto. Era talmente normale nella prassi esecutiva che i compositori del periodo barocco e classico nella partitura non la prescrivevano nemmeno, poiché era dato per scontato da tutti che venisse impiegata, essendo parte integrante del sistema mentale e pratico del canto lirico (sia nella formazione didattica dei cantanti che nelle rappresentazioni del melodramma, nella musica vocale da camera e nel repertorio di musica sacra).

 Ecco, ad esempio, come la descrive il Mancini:



"Messa di voce chiamasi quell'atto, con cui il professore dà a ciascuna nota di valore la sua graduazione, e mettendovi al principio poca voce, e poi con proporzione rinforzandola fino al più forte, deve ritirarla finalmente colla medesima graduazione, che adoprò nel salire.
Ordinariamente questa messa di voce si suol marcare nel principio d'un'aria cantabile, o pure in una nota coronata; e similmente è necessaria nel preparare una cadenza : ma un vero ed ottimo artista se ne serve in qualunque nota di valore, che trovi anche sparsa in qualunque musical cantilena."

(da: Riflessioni pratiche sul canto figurato di Gambattista Mancini maestro di canto nell'Imperial Corte di Vienna, Accademico Filarmonico - Rivedute, corrette, ed aumentate. Terza edizione, Milano 1778)



Dello stesso avviso anche il grande Lablache:



"Ogni nota di qualche durata non dee fermarsi sul medesimo grado di forza dal principio alla fine; ma dovrà generalmente essere filata" !

(da: VOCALIZZAZIONI N. 1 in tempo Andante - Articolo IV "Della maniera di colorire" da : Luigi Lablache - Metodo completo di canto - Ricordi, 1842 --> http://belcantoitaliano.blogspot.it/2016/06/il-metodo-di-bel-canto-del-basso.html)
Questo effetto "barocco" lo ritroviamo prima di Verdi, quindi prima del 1839 (per es. all'inizio dell'Ouverture Leonore III Op. 72 di Beethoven, alle battute 5, 6 e 7 dell'Adagio iniziale, composta tra il 1805 e il 1806, così come all'inizio della Sinfonia n.4 Op. 60 di Beethoven, alla battuta 5 dell'Adagio iniziale, composta nel 1806), e anche durante il periodo di attività compositiva del Cigno di Busseto, utilizzato da altri compositori dell'Ottocento, per es. da Mendelssohn (Concerto per violino e orchestra op. 64 del 1844) e Brahms (Requiem tedesco del 1868), in campo strumentale e vocale, così come da Bellini, autore molto amato dal pianista polacco Chopin, in campo operistico (Norma del 1831 e I Puritani del 1835). 

Mendelssohn - Esempio di "messa di voce" sulla IV corda, nel primo movimento del Concerto in mi minore op. 64
Un altro esempio di 'messa di voce' trasportata in seno al repertorio romantico, questa volta vocale-orchestrale: il terzo brano "Herr, lehre doch mich" ("Andante moderato", in tempo tagliato), dall' "Ein deutsches Requiem" di Brahms del 1865-68 (ricco di punti in cui vengono volutamente desiderati e richiesti effetti di messa di voce <> nella parte del coro), affidato al basso solista con coro e orchestra, mostra una chiara "messa di voce" per il basso al quale, a differenza del coro che continua a cantare in pp, viene richiesto di crescere e diminuire su nota lunga. Considerato questo effetto espressivo usato da Brahms e anche che egli usa diverse volte nelle sue composizioni l'hemiolia, si può dire che certi tratti tipici del barocco e della musica antica in generale sono parte integrante di compositori romantici come Johannes. Non c'è in realtà una rottura con il passato, come è stato fatto passare nello stereotipo comune...

 Nel brano "Herr, lehre doch mich" viene chiesto al basso di eseguire una "messa di voce", in "Ein deutsches Requiem" di Brahms
Ma anche nel melodramma, tra Rossini e Verdi, permane ancora la richiesta di effetti che provengono dal concetto e pratica barocchi.
Un bell'esempio di "messa di voce" (<>) rossiniana è presente nella sua celebre Cavatina di Rosina, "Una voce poco fa", su un SOL diesis acuto, nota già alta per un mezzosoprano! (effetto belcantistico segnato, ma che non si sente mai eseguire)

Segno di "Messa di voce" (<>) nella Cavatina di Rosina - UNA VOCE POCO FA (Rossini - "Il barbiere di Siviglia", 1816)

E sempre nello stesso anno del "Barbiere", troviamo un'altra impegnativa "messa di voce" sul LA acuto tenorile nella Cavatina di Otello "Ah sì, per voi gia sento". 

Segno di "Messa di voce" (<>) nella Cavatina di Otello - AH SI', PER VOI GIA' SENTO! (Rossini - "Otello", 1816)

Un altro esempio rossiniano è presente nell'Invocazione di Mosè, sul SOL centrale del registro del basso! 
 
Segno di "Messa di voce" (<>) nell'Invocazione di Mosè - ETERNO, IMMENSO, INCOMPRENSIBIL DIO (Rossini - "Mosè in Egitto", 1818)

Ecco, come desiderato dal compositore nella parte di Adalgisa, l'emissione con messa di voce <> su un LA acuto mezzosopranile coronato, nell'atto di "Norma" di Bellini, alla fine del recitativo, appena prima del duetto con Pollione "Va', crudele; al dio spietato" !!! (purtroppo sempre eseguito nel corso del Novecento a piena voce senza fare quindi il previsto crescendo da piano, passando per la mezza voce e arrivando alla piena voce nel centro della messa di voce per poi ridiminuire passando di nuovo alla mezza voce e scemare al piano)

Indicazione "con messa di voce assai lunga" su un LA acuto coronato emesso da Adalgisa, nell'atto I della "Norma" di Bellini
Anche a conclusione di "Casta Diva" si trova segnata la messa di voce sia per Norma, che per il coro ed alcuni strumenti a fiato dell'orchestra.

"Messa di voce" a conclusione di "Casta diva", nell'atto I della "Norma" di Bellini

Quattro anni dopo, Bellini continua a scrivere la messa di voce, che troviamo qui riportata e ben otto volte prescritta, sia ad alcuni solisti che al coro, nel corso dei "Puritani"!

"Messa di voce" sul la acuto tenuto assegnato ad Elvira, nel Coro e Quartetto "A te, o cara" nell'atto I dei Puritani di Bellini

Altre ricorrenze di "messa di voce" sia per i solisti che per il coro, nel Quartetto "A te, o cara", nell'atto I dei Puritani di Bellini

"Messa di voce" nella Polacca di Elvira "Son vergin vezzosa", nell'atto I dei Puritani di Bellini

"Messa di voce" sul la bemolle acuto nella cabaletta "Vien diletto, è in ciel la luna" della Scena ed Aria di Elvira, nell'atto II dei Puritani di Bellini

Altra "messa di voce" nella medesima cabaletta di Elvira, nei Puritani di Bellini

"Messa di voce" nella Romanza di Arturo "A una fonte afflitto e solo", all'inizio dell'atto III dei Puritani di Bellini

Altra "messa di voce" sempre nella medesima romanza di Arturo, nell'atto III dei Puritani di Bellini

Il segno di messa di voce (<>) è presente anche nell'attacco del soprano nel "Salve Regina" di Bellini (come indicato da manoscritto) !

"Messa di voce" (<>) indicata nell'incipit della parte vocale del "Salve Regina" di Bellini per soprano ed organo


Troviamo ancora la richiesta di messa di voce nel finale della romanza "Cari giorni" nell'opera "Ines de Castro" di Giuseppe Persiani, nella seconda versione scritta per la moglie Fanny Tacchinardi-Persiani e pubblicata nel 1839, nell'aria di sortita di Marcel "Seigneur, rempart et seul soutien" ne "Les Huguenots" di Meyerbeer, nella serenata di Ernesto "Com'è gentil" nel "Don Pasquale" di Donizetti, così come più avanti nella "Carmen" di Bizet, ne "Il giudizio universale" di Perosi e persino in un'opera moderna come il "Wozzeck" di Berg.

"Messa di voce" sul La acuto a conclusione della romanza "Cari giorni" nell'opera "Ines de Castro" di Giuseppe Persiani

Dieci segni di cresc. e dim. tra i quali ben due "messe di voce" nel corale, che è l'aria di sortita di Marcel, "Seigneur, rempart et seul soutien", ne "Les Huguenots" di Meyerbeer

"Messa di voce" nella serenata di Ernesto "Com'è gentil" nel "Don Pasquale" di Donizetti

"Mezza voce" a conclusione della celebre aria tenorile "La fleur que tu m'avais jetée" nella "Carmen" di Bizet

"Messa di voce" ne "Il giudizio universale" di Perosi del 1904

"Messa di voce" sul Si acuto prescritta in partitura per il Capitano, tenore, nell'opera "Wozzeck" di Berg del 1922, rappresentata per la prima volta nel 1925

In area didattica, colpisce il fatto che un tenore come Duprez la suggerisse ancora, rimarcandone di fatto la sua importanza vocale oltre che stilistica, nel suo metodo "L'Arte del Canto" del 1845 come possiamo vedere ad es. qui nell'aria "Il mio tesoro intanto" dal "Don Giovanni" mozartiano.

"Messa di voce" segnata da Duprez nell'aria "Il mio tesoro intanto" dal Don Giovanni di Mozart, nel suo metodo "L'Arte del Canto" del 1845



Persino dopo la scomparsa di Verdi, nei primi decenni del Novecento, la messa di voce era in uso come pratica normale di studio e d'esecuzione. 
In "Caruso and the Art of Singing" (1922) scritto da Salvatore Fucito, preparatore e accompagnatore pianistico del grande Caruso, ci viene detto che:

"La messa di voce di Caruso era stupefacente nei suoi risultati - come nell'ultima frase dell'Aria del Fiore in Carmen, 'Carmen, je t'aime' - perché egli aveva piena padronanza del suo getto d'aria."

Esercizio della "messa di voce" come presente in "Caruso and the Art of Singing" del 1922

Anche il celebre soprano e didatta Lilli Lehmann, nel suo "Meine Gesangskunst" del 1922, ricorda l'importanza della dedizione allo studio della respirazione e della “messa di voce”:

"(...) dovetti combattere molto contro il fiato corto all'inizio dei miei studi di canto. Anche senza cantare, feci per anni esercizi di respirazione (...) Presto riuscii tranquillamente a tenere suoni dai quindici ai diciotto secondi facendoli crescere e diminuire".


Tra i cantanti che utilizzarono questo effetto nelle incisioni che ci sono rimaste in quest'epoca (dei 78 giri) appena successiva al 1901, quando Verdi ci lasciò, possiamo ricordare il contralto Ernestina Schumann-Heink, il soprano Rosa Ponselle, i tenori Fernando De Lucia, Carlo Dani, Léon Campagnola, José Mojica e Roberto D'Alessio. Venne, ad onor del vero, offerta anche nelle performance di cantanti successivi al periodo del 78 giri, in particolare negli anni '50-'60 fino ad arrivare a Kraus che in merito disse: « ... ¿tienes dominio del “fiato”, de los “agudos”, o de la “MESSA DI VOCE”?... muéstraselo al público siempre, pero sobretodo a quien está frente a ti esperando recibirlo...» (Alfredo Kraus, da un’ intervista pubblicata sul Parador de Nerja, 1996)




Ma divenne progressivamente una rarità, sia in campo esecutivo (in rappresentazioni operistiche e concerti) che in particolar modo in campo didattico vocale, abbandonando quasi totalmente l'esercizio della messa di voce e la situazione odierna è rimasta invariata, vale a dire che oggigiorno non si trova pressocché più un docente che la mostri e la faccia studiare. In questo, ci siamo discostati davvero troppo dalla pratica esposta ancora da un Rossini nella prima metà dell'Ottocento. Bisognerebbe assolutamente reintrodurre finalmente questo esercizio nella normale prassi didattica ed anche esecutiva moderna!


Verdi, comunque, nel periodo in cui produsse le sue composizioni (1839-1898), vale a dire fondamentalmente dopo l'epoca d'oro del belcanto conclusasi con Rossini, Bellini e Donizetti, utilizzò ancora la "messa di voce" ma (a differenza dei compositori barocchi e classici) scrivendo precisamente quando la voleva!

Interessante notare che un proposto effetto di "messa di voce" viene citato persino da A. Somma in una lettera del 4 dicembre 1853 indirizzata a Verdi, in merito al progetto (mai realizzato) di musicare l'opera Re Lear.


In quest'analisi delle opere verdiane vedremo assieme quando la usa. 
[N.B. : negli esempi, abbiamo scelto la versione orchestrale ove a noi disponibile, diversamente abbiamo indicato l'esempio nella versione ridotta per canto e pianoforte]

Cominciamo.

1. Oberto, Conte di San Bonifacio (1839)
Nella sua prima creazione operistica, pur non riscontrandosi la presenza di una vera e propria "messa di voce", verso la fine dell'azione melodrammatica, nella Romanza di Riccardo ("Ciel che feci!") dell'Atto II, abbiamo qualcosa di simile nella frase "l'ultimo lamento è del misero" dove Verdi pone l'indicazione <> (forcella di crescendo e di diminuendo) sul FA tenuto appena prima del passaggio di registro, nota che chiaramente vuole emessa non forte e sulla quale chiede un certo grado di crescendo, seguito da diminuendo. V'è poi un'altra forcella di crescendo sempre sul medesimo FA, seguita, dopo una breve indicazione di pausa di semicroma, da un SOL bemolle (enarmonico di FA diesis, quindi nota di passaggio o, come definita da Lauri-Volpi, di saldatura) con corona lunga alle parole "che muor" che si presta nel contesto del momento scenico teatrale ad una supposta (seppur non indicata espressamente) messa di voce a libertà dell'interprete. 


2. Un giorno di regno (1840)
Anche nel suo secondo esperimento operistico, non si riscontra una vera e propria "messa di voce", ma qualcosa che la ricorda è presente nella Scena e Duetto (Edoardo e Il Cavaliere) dell'Atto I, Edoardo su un SOL acuto tenuto, sopra al passaggio di registro, ha l'indicazione <> (nel punto che corrisponde alle parole "e confonda e renda vano"). 



3. Nabucco (1842)
Nella sua terza opera, quella con la quale ottenne il suo primo grande successo operistico, troviamo la prima ricorrenza di una vera "messa di voce" verdiana. Si tratta di un DO basso tenuto (all'inizio del recitativo "Vieni o Levita" che precede l'aria "Tu sul labbro", nell'Atto II) con richiesta di crescendo e diminuendo sulla vocale "I" che il personaggio Zaccaria è chiamato ad eseguire alla fine della frase "Di novel portento me vuol ministro Iddio", a sottolineare espressivamente su un accordo a sorpresa di do maggiore (trovandoci, poche battute prima, in si minore!) che cambia poi in accordo di fa maggiore in secondo rivolto per ritornare all'accordo di do maggiore. 

"Messa di voce" prescritta su un do basso, affidata a Zaccaria, in "Vieni o Levita" nell'atto II del "Nabucco" di Verdi

Un altra messa di voce per Zaccaria si trova nella PROFEZIA - FINALE TERZO alle parole "Del futuro nel bujo discerno..." su un fa diesis centrale tenuto, discendente su un fa diesis grave.

"Messa di voce" prescritta su un fa diesis centrale, affidata a Zaccaria, in "Del futuro nel bujo discerno" (PROFEZIA) nell'atto III del "Nabucco" di Verdi

Ed ancora, nell'aria di Nabucco "Dio di Giuda", nel quarto atto, alle parole "Già dell'empio rischiarata è l'egra mente!", su un mi bemolle acuto tenuto, affidato al baritono protagonista di questo primo capolavoro verdiano.

"Messa di voce" prescritta su un mi bemolle acuto, affidata a Nabucco, in "Dio di Giuda" nell'atto IV del "Nabucco" di Verdi

4. I Lombardi alla prima crociata (1843)
Nei Lombardi, nella preghiera di Giselda, inginocchiata con Viclinda, "Salve Maria" dell'Atto I, vi è più di un punto in cui segna <>, il più evidente è sulla sillaba "-ro-" su un DO diesis della parola "avventurosa".

Alcuni casi di "messa di voce" nella preghiera di Giselda, "Salve Maria", nell'atto I dei Lombardi





Ancora, nell'Atto III, nel duetto Giselda-Oronte "Oh belle, a questa misera, tende lombarde, addio!", ritroviamo la messa di voce prescritta per Giselda sul FA appena prima del passaggio di registro alla parola "pianto", prescrizione simile indicata poi nuovamente per Oronte alla parola "soltanto".


Altri casi di "messa di voce", nel duetto Giselda-Oronte, "Oh belle, a questa misera", nell'atto III dei Lombardi


Infine, nella scena presso il Santo Sepolcro a Gerusalemme intitolata "Visione", che dà inizio all'Atto IV, in cui Giselda attacca il suo canto con le parole "Oh! di sembianze eteree" (alzandosi e continuando a sognare) troviamo poi un punto che ricorda la messa di voce alle parole "ah tu fra gli angeli?" in cui su un LA bemolle acuto viene prescritta la prima parte di un messa di voce.



5. Ernani (1844)
Nella Cavatina di Elvira "Ernani!.. Ernani, involami" della Parte Prima dell' "Ernani" di Verdi, alle parole un "Eden, un Eden di delizia" troviamo nuovamente il segno <> di messa di voce ben due volte sul FA attiguo al passaggio di registro agli acuti.

Segni di "messa di voce" nella Cavatina di Elvira "Ernani!.. Ernani, involami" dalla Parte Prima di "Ernani" di Verdi

In "O sommo Carlo" cantato da Don Carlo, nella Parte Terza dell'opera riecco il medesimo segno <> di messa di voce su un MI bemolle acuto sulla sillaba "ge-" della parola "gesta".

"Messa di voce" in "O sommo Carlo", cantato da Don Carlo, dalla Parte Terza di "Ernani" di Verdi

6. I due Foscari (1844)
Nella Scena e Cavatina di Jacopo, nell'Atto I de "I due Foscari" di Verdi, poco prima di attaccare il "Dal più remoto esilio" sul FA attiguo al passaggio di registro agli acuti sulla sillaba "-de-" della parola "fedele" troviamo ancora il segno <> di messa di voce, da eseguirsi nella parte vocale solistica (per la verità "rimembrando" il clarinetto solista al quale Verdi richiede alcune decine di battute prima di eseguire un trillo con messa di voce <> nella battuta, la decima batt. dell'introduzione orchestrale, precedente l'inizio del Recitativo che inizia alle parole "Qui ti rimani alquanto"). Da notare che anche nella Scena e Aria di Jacopo dell'Atto III, "All'infelice veglio", nella battuta precedente all'attacco del Recitativo alle parole "Donna infelice" compare nuovamente il medesimo trillo con il segno di cresc. dim. <> a conclusione dell'intervento del clarinetto solista (rimembrando così il primo atto).

"Messa di voce" nella Scena e Cavatina di Jacopo, nell'Atto I de "I due Foscari" di Verdi, poco prima di attaccare il "Dal più remoto esilio"

7. Giovanna d'Arco (1845)
Nella sua settima opera lirica Verdi concentra l'uso della messa di voce <> nel Prologo dell'opera, effetto che richiede ai personaggi Carlo, Giacomo, Giovanna e persino al Coro di angeli, per un totale di ben sei ricorrenze.

"Messa di voce" assegnata a Carlo, nel Prologo di "Giovanna d'Arco" di Verdi



Altra "messa di voce" assegnata a Giacomo, nel Prologo di "Giovanna d'Arco" di Verdi

Un'altra "messa di voce" assegnata a Giovanna, nel Prologo di "Giovanna d'Arco" di Verdi

Segni di "messa di voce" prescritte per il coro, nel Prologo di "Giovanna d'Arco" di Verdi

8. Alzira (1845) [nessuna ricorrenza di messe di voce]

9. - Attila (1846)
Nella sua nona opera, ritroviamo la messa di voce <> segnata da Verdi, nell'Atto I dell' "Attila", nella Scena e Romanza di Odabella "Liberamente or piangi", alle parole "attendo e invoco", poco prima di attaccare la melodia dell'aria "Oh! nel fuggente nuvolo", e di nuovo il medesimo segno <> nell'Atto III, nella Scena e Romanza di Foresto, una dozzina di battute dopo l'attacco dell'aria "Che non avrebbe il misero", sulla parola "seren" nell'inciso melodico ascendente "diffondi il tuo seren?".

"Messa di voce" <> segnata nella Scena e Romanza di Odabella "Liberamente or piangi", nell'Atto I dell' "Attila" di Verdi

"Messa di voce" nella Scena e Romanza di Foresto "Che non avrebbe il misero" nell'Atto III dell' "Attila" di Verdi

Mattia Peli
Ravenna, 16 agosto 2018

(continua)

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