sabato 29 febbraio 2020

Verdi e le "intenzioni su cui bisogna pensare" nell'interpretare la sua musica

 

Nel giugno 1874 [Verdi] diresse la "Messa [da Requiem]" all'Opéra-Comique di Parigi e vi tornava l'anno dopo, in aprile, passando poi in maggio a Londra, all'Albert Hall, dove faceva ascoltare un nuovo passo, composto per la Waldmann, il "Liber scriptus", che viene subito dopo la cupa declamazione del basso sulle parole "Mors stupebit". In giugno la compagnia si esibì a Vienna, come abbiamo letto in Hanslick, e dove si rappresentò anche "Aida". Il nuovo solo per mezzosoprano non fu eseguito a Parigi per espressa volontà del maestro, che così ne obbiettava alla cantante il 5 marzo del 1875 :

"Voi sapete che ho scritto un 'solo' per voi, ma io non sarei d'opinione di eseguirlo a Parigi. Voi sapete che presso il pubblico le prime impressioni sono sempre terribili, e se anche quel pezzo facesse effetto tutti direbbero: 'era meglio come prima.' Questo sarebbe il compenso che ne caveressimo voi ed io certamente. Aggiungete anche che col tempo così stretto non potreste studiarlo bene. E' facile, facilissimo come 'nota' e come 'musica', ma sapete che VI SONO SEMPRE DELLE INTENZIONI su cui bisogna pensare. Nulla di più facile, per esempio, di quelle quattro note del basso: 'Mors stupebit', eppure tanto difficili a dirsi bene! Non facendo questo pezzo a Parigi, avressimo tempo di passarlo bene insieme nei giorni di riposo, e lo direste poi a Londra ed a Vienna etc. etc. Che ne dite?"

(da: Gustavo Marchesi "Giuseppe Verdi - l'uomo, il genio, l'artista" - I.M.I., 1981)

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