IL 'CASO ECCEZIONALE' DELLA "LICENZA INTERPRETATIVA" CONCESSA DA VERDI AL BARITONO ANTONIO COTOGNI (nel ruolo di Rodrigo, marchese di Posa), PER LA PRIMA RAPPRESENTAZIONE ITALIANA DEL "DON CARLO" BOLOGNESE DEL 1867:
"(...) una mattina - così mi narrava il Cotogni - partii da Bologna per Busseto, donde proseguii subito per Sant'Agata.
Arrivai circa il mezzogiorno e, chiesto del Maestro, mi si rispose ch'esso non era ancora rientrato, ma lo sarebbe tra poco. Infatti poco dopo vidi giungere il Verdi (...) i suoi occhi mi avevano già scorto e, senza darmi il tempo di pronunciare una sola parola, mi stese la mano e mi disse:
«—Benissimo: lei è il baritono Cotogni, di cui mia ha scritto l'amico Mariani. Ho il piacere di vederlo qui e anche di sentirlo... cosa che faremo subito... Venga, venga con me.»
E senz'altro mi condusse nel suo studio (...) prese da una scansia lo spartito del 'Don Carlos' e si pose al pianoforte. Confesso - mi diceva con modesta sincerità il Cotogni - che trovarmi preso a quel modo, vicino a quel grande uomo, mi produceva un imbarazzo e una irrequietudine nervosa a cui non andai mai, per fortuna, soggetto. Ma in un momento mi resi padrone di me stesso e, come lui volle, cantai l'aria di sortita: 'Carlo ch'è solo il nostro amore' il meglio che seppi e potei. Mentre cantavo osservavo il Verdi e mi pareva ch'egli fosse soddisfatto abbastanza. Infatti egli accompagnò l'ultima nota della mia cadenza con un «Bravo!» pronunciato a voce ben alta.
«—Adesso sentiamo il duetto - mi disse; - farò io la parte del tenore.»
Nel duetto ['È lui! Desso! L'infante!'] mi trovavo anche meglio; di un solo punto non ero sicuro, perchè l'interpretazione mia non si accordava con la volontà scritta dell'autore. Io però lo cantai così come lo sentivo, senza preoccuparmi di quello che sarebbe avvenuto. Il Verdi, quando fummo a quel punto, si fermò, mi guardò e mi disse:
«—Lei lo canta come io non l'ho scritto, ma non importa, lo canti pure così che va benissimo... anzi va meglio. Quel crescendo è di ottimo effetto... E adesso mi canti la 'morte', e poi basta.»
Era proprio quello che volevo - dissi fra me - e incoraggiato dalle lusinghiere parole di poco prima, intonai l'aria: 'Sì, morrò, ma lieto in cor', cantandola come forse non l'ho cantata mai più. Ci misi dentro tutto me stesso e, un po' per l'onda del sentimento che mi saliva alla gola, un po' per l'emozione che provavo di cantare vicino al Verdi, io sentii che lagrime vere mi bagnavano il viso... ma il bello fu che, guardando il Maestro, vidi che anch'esso piangeva!
Mi strinse forte la mano, mi disse ancora due volte «Bravo» e mi congedò con queste parole:
«—Vada, vada a Bologna e dica a Mariani che io ho quasi pianto udendolo cantare la 'morte'!»
Io tornai a Bologna e ripetei al Mariani la frase, togliendoci però il 'quasi', perchè proprio non c'entrava."
Questo episodio vale più di tutta una biografia: esso basta a far capire a coloro che non l'udirono che cosa fosse il Cotogni e l'arte sua!
Fra le tante e tante opere cantate dal Cotogni - e si tratta di una cifra addirittura favolosa: egli ne annovera 157 - nessuna è rimasta attaccata, diremo così, alla sua persona, quanto il 'Don Carlos'."
(da: Gino Monaldi - Cantanti celebri del secolo XIX - Roma, Nuova Antologia, 1907)
[Nell'immagine: Antonio Cotogni assieme agli altri interpreti della prima rappresentazione italiana del "Don Carlo" di Verdi a Bologna, del 27 ottobre 1867]
"(...) una mattina - così mi narrava il Cotogni - partii da Bologna per Busseto, donde proseguii subito per Sant'Agata.
Arrivai circa il mezzogiorno e, chiesto del Maestro, mi si rispose ch'esso non era ancora rientrato, ma lo sarebbe tra poco. Infatti poco dopo vidi giungere il Verdi (...) i suoi occhi mi avevano già scorto e, senza darmi il tempo di pronunciare una sola parola, mi stese la mano e mi disse:
«—Benissimo: lei è il baritono Cotogni, di cui mia ha scritto l'amico Mariani. Ho il piacere di vederlo qui e anche di sentirlo... cosa che faremo subito... Venga, venga con me.»
E senz'altro mi condusse nel suo studio (...) prese da una scansia lo spartito del 'Don Carlos' e si pose al pianoforte. Confesso - mi diceva con modesta sincerità il Cotogni - che trovarmi preso a quel modo, vicino a quel grande uomo, mi produceva un imbarazzo e una irrequietudine nervosa a cui non andai mai, per fortuna, soggetto. Ma in un momento mi resi padrone di me stesso e, come lui volle, cantai l'aria di sortita: 'Carlo ch'è solo il nostro amore' il meglio che seppi e potei. Mentre cantavo osservavo il Verdi e mi pareva ch'egli fosse soddisfatto abbastanza. Infatti egli accompagnò l'ultima nota della mia cadenza con un «Bravo!» pronunciato a voce ben alta.
«—Adesso sentiamo il duetto - mi disse; - farò io la parte del tenore.»
Nel duetto ['È lui! Desso! L'infante!'] mi trovavo anche meglio; di un solo punto non ero sicuro, perchè l'interpretazione mia non si accordava con la volontà scritta dell'autore. Io però lo cantai così come lo sentivo, senza preoccuparmi di quello che sarebbe avvenuto. Il Verdi, quando fummo a quel punto, si fermò, mi guardò e mi disse:
«—Lei lo canta come io non l'ho scritto, ma non importa, lo canti pure così che va benissimo... anzi va meglio. Quel crescendo è di ottimo effetto... E adesso mi canti la 'morte', e poi basta.»
Era proprio quello che volevo - dissi fra me - e incoraggiato dalle lusinghiere parole di poco prima, intonai l'aria: 'Sì, morrò, ma lieto in cor', cantandola come forse non l'ho cantata mai più. Ci misi dentro tutto me stesso e, un po' per l'onda del sentimento che mi saliva alla gola, un po' per l'emozione che provavo di cantare vicino al Verdi, io sentii che lagrime vere mi bagnavano il viso... ma il bello fu che, guardando il Maestro, vidi che anch'esso piangeva!
Mi strinse forte la mano, mi disse ancora due volte «Bravo» e mi congedò con queste parole:
«—Vada, vada a Bologna e dica a Mariani che io ho quasi pianto udendolo cantare la 'morte'!»
Io tornai a Bologna e ripetei al Mariani la frase, togliendoci però il 'quasi', perchè proprio non c'entrava."
Questo episodio vale più di tutta una biografia: esso basta a far capire a coloro che non l'udirono che cosa fosse il Cotogni e l'arte sua!
Fra le tante e tante opere cantate dal Cotogni - e si tratta di una cifra addirittura favolosa: egli ne annovera 157 - nessuna è rimasta attaccata, diremo così, alla sua persona, quanto il 'Don Carlos'."
(da: Gino Monaldi - Cantanti celebri del secolo XIX - Roma, Nuova Antologia, 1907)
[Nell'immagine: Antonio Cotogni assieme agli altri interpreti della prima rappresentazione italiana del "Don Carlo" di Verdi a Bologna, del 27 ottobre 1867]
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