Il primo novembre, dopo aver tirato un sospiro di sollievo invia, tutto eccitato, questo biglietto al suo editore:
<<Vi scrivo per dirvi che Otello è completamente finito!! Proprio finito!!! Finalmente!!!!!!!! [...]>> (...)
Ci sono stati dei momenti durante i quali ha realmente creduto di non farcela, di essere troppo spossato, anche svogliato, vuoto. Momenti duri, durante i quali, per la prima volta nella sua carriera di operista, non sapeva come risolvere certe situazioni. Almeno: come risolverle al di fuori degli schemi classici del melodramma. Può ammetterlo, adesso: è stato proprio a un pelo dal rinunciare. Giorni e giorni di cupezza, quando non sentiva più "Otello", era sparito da lui. Giorni di abulia, di scontento, di inedia. Ma adesso tutto è passato, tutto è finito. "Otello" è già in tipografia. Non si sente assalito dal rimpianto, non prova il senso di vuoto, come gli è sempre accaduto quando ha terminato un'opera. Si sente, al contrario, molto soddisfatto, rappacificato, quasi contento di sé.
Adesso bisogna curare l'allestimento, che sia degno della sua fatica, del suo lungo lavoro. E badare che i cori e l'orchestra vengano istruiti bene, meglio del solito. L'importanza dell'orchestra è qui fondamentale. Per fortuna la direzione è affidata a Franco Faccio, che dell'opera conosce tutto, l'ha seguita man mano che veniva scritta. Il Vecchio, più che mai pignolo, puntiglioso, manda un "Pro memoria" - così lo intitola - a Giulio Ricordi, nel quale si precisa quanto segue:
<<Sarà bene che la casa Ricordi stabilisca fin d'ora le condizioni soprattutto coll'Impresa della Scala.
1° La casa Ricordi fisserà coll'Impresa il nolo di cui io percepirò la mia quota etc. etc.
2° Io assisterò in tutte quelle prove (che giudicherò necessarie); ma non voglio impegnarmi in nissun modo verso il pubblico e per conseguenza il cartellone dirà semplicemente "OTELLO Poesia di Boito Musica di Verdi".
3° Nissuna, nissunissima persona alle prove, come al solito, e facoltà mia completa di sospendere le prove, e di impedire la rappresentazione magari dopo la prova generale [se] o la esecuzione, o la "mise en scene", o qualunque altra cosa non mi convenisse nell'andamento del Teatro.
4° Il personale appartenente all' "Otello" dipenderà direttamente da me... Direttore d'orchestra, di Cori, di scena etc. etc.
5° La prima recita non si potrà fare senza mia autorizzazione, e qualora si credesse poter passar oltre a questa condizione l'Editore Ricordi mi pagherà centomila (100.000) Lire di multa. Obbligo Corista normale nei teatri... Un palco 1° Scala a disposizione signora Verdi>>.
Stabilito tutto, precisato tutto, confermato che, come sempre, il giudice ultimo è lui, il Vecchio si sente più tranquillo. (...)
Verdi, benché continui a manifestare apprensioni e paure per la sua salute, di energia ne ha ancora da vendere. Così ce lo descrive Giuseppe Giacosa dopo che, alcuni mesi innanzi la prima rappresentazione di "Otello", è andato a trovarlo:
<<Qualche volta Verdi afferrava lo scartafaccio del dramma e ne leggeva ad alta voce dei versi. Il Boito ed io ci esprimevamo a vicenda con lo sguardo il sentimento di ammirazione onde eravamo presi. La voce, l'accento, la cadenza, gli impeti, i corrucci espressi da quella lettura erano tali, tradivano un accendimento così intenso dell'animo, "ingrandivano così smisuratamente il senso delle parole", che appariva chiaro in essi la "scaturiggine dell'idea musicale". Vedevamo si può dire coi nostri occhi germogliare il fiore della melodia e le parole recate alla loro estrema potenza fonica "tramutarsi in onde sonore", travolgenti le infinite angoscie di cui è capace l'anima umana>>.
(da: Giuseppe Tarozzi - IL GRAN VECCHIO - Club Italiano dei Lettori, Milano 1980)
[Il brano di Giuseppe Giacosa è ricavato dall'articolo, "Verdi nella sua villa di Sant'Agata", apparso nel numero sette di "Vita moderna", Milano, 1893]
lunedì 8 febbraio 2021
PRO MEMORIA verdiano per "Otello" e parole lette da Verdi tramutatesi in "onde sonore"
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